sabato 14 luglio 2012

Giovanni Previtali: cos'è l'attribuzione

Un testo sul quale riflettere dati i tanti (voluti o meno) abbagli che si stanno prendendo ultimamente

GIOVANNI PREVITALI. VOCE ATTRIBUZIONE

G. Previtali, Voce Attribuzione, Enciclopedia Feltrinelli Fischer, Arte 2/1, Milano, 1971, pp. 56-60

ATTRIBUZIONE. È l'atto critico mediante il quale un prodotto artistico viene riconosciuto come appartenente ad un medesimo gruppo di altri prodotti analoghi, supposti opera di uno stesso autore (sia che il suo nome sia noto sia che non lo sia [...]). L'attribuzione giunge quindi anch'essa come atto conclusivo dell'analisi stilistica, cioè di quello che è lo strumento analitico specifico della storia dell'arte e ciò che la distingue dalle altri discipline storiche.

In effetti per la storia dell'arte valgono in massima parte i principi metodologici della filologia classica e della linguistica storica; loci communes e loro trasmissione, lectio facilior e lectio difficilior, ritardo delle aree periferiche ecc; come valgono i principi della critica storica per quanto riguarda l'analisi, la selezione e l'utilizzazione delle fonti e dei documenti.

Il principio su cui si basa l'attribuzione è molto semplice: e cioè da un lato sulla capacità della mente umana di riconoscere ciò che già conosce, dall'altro sull'altra caratteristica dell'uomo di lasciar sempre una impronta personale su ciò che fa, sia che lo voglia, sia che (come nella storia avviene assai spesso) cerchi di ottenere proprio l'opposto [...].

Come in ogni indagine storica l'errore, nell'attribuzione, ha origine infatti il più delle volte non tanto nella fase della osservazione (analisi) quanto in quella successiva dell'induzione sulla base degli elementi raccolti.

Una somiglianza, o una serie di somiglianze, tra le opere A e B può avere infatti, storicamente parlando, più significati: derivazione da uno stesso modello C; derivazione di A da B; derivazione di B da A analogia di risultati tra A e B perché ambedue basate su di una stessa condizione ambientale X o perché ambedue rispondenti alla medesima richiesta di un committente Y. Tanto per fare un celebre esempio di quest'ultimo caso, è ovvio che la maggior parte delle somiglianze tra le varie formelle presentate nel 1401 al concorso per le porte del Battistero di Firenze è dovuta alle clausole del concorso, a loro volta basate sul precedente storico della porta di Andrea Pisano.

Quanto detto basta cioè a render chiaro che l'atto della attribuzione, apparentemente così semplice e, a volte, rapido, giunge in realtà, come abbiamo detto, alla fine di un processo di analisi dell'opera d'arte (e dei suoi rapporti reali con la società: altri artisti, convenzione sociali, morali, di culto o semplicemente di etichetta; committenti a loro volta impregnati di idee politiche, religiose, ecc.); processo di analisi estremamente complesso ed i cui modi e risultati si sono trasmessi ed arricchiti di generazione in generazione, di storico in storico.

Ben altra cosa è, naturalmente, la corrente pratica attribuzionistica ad uso commerciale che si potrebbe definire l'arte di rinvenire rapidamente un "nome" (compatibile, però, con lo stato delle conoscenze) per qualsiasi prodotto si presenti sul mercato. Tale degenerazione meccanica dell'analisi attribuzionistica è, a ben vedere, la conseguenza proprio dell'astrarre (per ragioni di pratica efficienza) dai legami con tutto il complesso di fatti che l'analisi formale dell'opera d'arte rivela e che tutti confluiscono a darle il suo pieno significato storico. Ricordarsi «che l'opera d'arte» ha scritto proprio il massimo conoscitore italiano, «è sempre un capolavoro squisitamente "relativo". L'opera non sta mai da sola, è sempre un rapporto» (R. Longhi).

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