giovedì 3 febbraio 2011

Caravaggio a Roma nel 1596? La mostra "Una vita dal vero"

Anche se le celebrazioni per i 400 anni dalla morte sono finite, l'interesse per Caravaggio e per la sua vita non sembra scemare, anzi, escono fuori novità sorprendenti. Dopo la mostra a palazzo Venezia che indagava i metodi di lavoro del pittore, all'Archivio di Stato di Roma si sta per inaugurare un'interessantissima esposizione di documenti storici: "Caravaggio a Roma: una vita dal vero".

Nell’ambito delle iniziative realizzate per il IV Centenario della morte di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571‐1610), l’Archivio di Stato di Roma dall’11 febbraio al 15 maggio 2011 promuove nella sede di Sant’Ivo alla Sapienza una mostra unica, di taglio assolutamente nuovo costruita su documenti originali, restaurati e conservati presso lo stesso Archivio, che svelano fatti salienti della vicenda umana e artistica del grande pittore e aspetti finora sconosciuti legati all’ambiente intellettuale, culturale e artistico frequentato dal maestro lombardo nel periodo vissuto a Roma. Ideata e diretta da Eugenio Lo Sardo, a cura di Orietta Verdi e Michele Di Sivo la rassegna è costruita come una detective story, un’indagine sul campo dove quello che emerge è la vita vissuta dall’artista attraverso le sue parole, i suoi incontri, in un incredibile caleidoscopio di relazioni e una polifonia di voci che conducono il grande pubblico a conoscere da vicino gli episodi e le vicende della “vita dal vero” di Michelangelo Merisi durante il suo soggiorno romano (1595/96‐1606).
Grazie alle scoperte compiute da una task force di 7 giovani storici dell’arte, paleografi, archivisti e storici che hanno scavato lungo gli oltre 60 km di scaffali che compongono l’Archivio di stato, sono stati salvati dal degrado e restaurati oltre 30 volumi e effettuate ricerche che presentano novità sconvolgenti che riscrivono la biografia di Caravaggio.
Nella rassegna verranno esposti documenti originali inediti che attestano tra l’altro l’arrivo di Caravaggio a Roma all’età di 25 anni (e non a vent’anni come finora creduto) e la sua sistemazione presso la bottega di un pittore siciliano, Lorenzo Carli, che viveva con la moglie e i figli in via della Scrofa. Nel susseguirsi di aneddoti, testimonianze, ricostruzioni provenienti da registri, protocolli, piante originali dei luoghi, denunce, processi, querele, contratti d’affitto, sarà possibile ripercorrere la Roma che Caravaggio attraversò e toccò, rivivere l’atmosfera in cui era immerso in un confronto diretto tra testi e immagini, complementari nella ricostruzione del passato. La vita di Caravaggio in quegli anni sarà rappresentata lungo un itinerario espositivo che ci dà una straordinaria visione d’insieme dove ai documenti si affiancano alcuni quadri di pittori – amici, nemici, maestri e discepoli – e opere del Merisi o a lui attribuite di alto valore storico‐biografico.
Particolarmente significativa la scelta di Sant’Ivo alla Sapienza come sede ideale della mostra per la posizione centrale in quel quadrato di poche centinaia di metri nel contesto urbano, dove si sono svolte molte delle vicende narrate nelle carte. Eccezionalmente il visitatore sarà accompagnato a rivivere l’atmosfera vissuta da Caravaggio nella Roma di quel tempo dagli stessi ricercatori che hanno contribuito alla scoperta e al restauro dei documenti attraverso visite guidate per un massimo di 30 persone ogni 30 minuti.
Organizzata da MondoMostre, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale di Roma, l’Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’ e l’Università ‘Roma Tre’, la rassegna è stata realizzata grazie al contributo di sponsor e contributori (istituti, aziende e privati) che hanno generosamente contribuito al restauro dei volumi contenenti i documenti inediti e la campagna di ricerche lanciata dall’Archivio.
Il percorso e le sezioni. L’itinerario della rassegna viene delineato da alcuni sorprendenti testi, salvati dalla corrosione degli inchiostri dall’ operazione di restauro. Interamente trascritti come contributo ad un nuovo corpus caravaggesco, i documenti attestano i frequenti arresti e i processi subiti da Caravaggio, personalità forte eppure turbolenta, e contemporaneamente indagano i rapporti con la committenza delle sue opere più celebri. Svelano inoltre le relazioni più prosaiche della vita quotidiana intrattenute dal pittore sia con i suoi colleghi artisti, come Prospero Orsi e Onorio Longhi, sia con i semplici artigiani che abitavano nella contrada della Scrofa dove il Caravaggio visse per un decennio. Oltre ai documenti restaurati per la maggior parte presentati per la prima volta al pubblico, l’esposizione presenta opere eseguite da pittori suoi contemporanei, con alcuni dei quali egli ebbe un rapporto di stima e amicizia, e da lui stesso definiti “uomini valenti”: Annibale Carracci, Cristoforo Roncalli, Antonio Tempesta, Giuseppe Cesari, Federico Zuccari – e da altri con i quali le relazioni furono invece contrassegnate da rivalità e competizione come Giovanni Baglione e Tommaso Salini. Completano la mostra alcuni quadri attribuiti al Caravaggio, come il Ritratto di Paolo V Borghese, della collezione privata del Principe Borghese, esposto al pubblico solo una volta nel 1911, esattamente cento anni fa, a Palazzo Vecchio a Firenze nella Mostra del Ritratto italiano dalla fine del secolo XVI all’anno 1861, che propongono al visitatore alcuni “quesiti caravaggeschi”sui quali la critica si sta misurando.


La mostra si apre con il Ritratto di Clemente VIII attribuito al Cavalier D’Arpino e il Ritratto di Beatrice Cenci attribuito a Guido Reni e i documenti che riportano i verbali delle ultime ore di Giordano Bruno e di Beatrice Cenci condannati a morte sotto il pontificato di Clemente VIII.
Nella seconda sezione, Le strade di Caravaggio, una pianta del Maggi con vedute e incisioni originali racconta i “luoghi di Caravaggio”. La lunga deposizione inedita del barbiere del Merisi, ritrovata in un registro di carte giudiziarie, rivela una incredibile
messe di notizie preziose sull’arrivo del pittore nella Capitale e sugli esordi della sua attività artistica nella bottega di un pittore siciliano, Lorenzo Carli, in via della Scrofa; un secondo importantissimo documento inedito contiene la descrizione dei quadri presenti in quella bottega nel 1597. Corredano questa sezione il Ritratto di Caravaggio di anonimo seicentesco e il Ritratto di Ottavio Leoni, opera di Ippolito Leoni, provenienti dalla Accademia di San Luca.
Fulcro della terza sezione, Caravaggio e la giustizia, è il volume che ospita gli incartamenti del famoso “Processo a Caravaggio” nato dalla querela per diffamazione sporta nel 1603 dal suo grande rivale, il pittore Giovanni Baglione. Queste importantissime carte contengono l’unica testimonianza resa dal Caravaggio circa il suo modo di concepire l’arte e la sua opinione sugli artisti del suo tempo, di cui egli stila una lista: i “buoni” e i “cattivi” pittori. A corredare la sezione diverse opere degli artisti che figurano nella lista del Caravaggio: l’Autoritratto e l’Amore sacro e amor profano di Giovanni Baglione, il Cristo morto tra angeli di Federico Zuccari, la Santa Margherita di Annibale Carracci e il David con la testa di Golia di Orazio Gentileschi.
Nella quarta sezione, la casa‐studio a vicolo San Biagio, è esposto il contratto inedito con cui Caravaggio prese in affitto un’abitazione in vicolo San Biagio con la misteriosa clausola di poter “scoprire” il soffitto della metà della sala, l’inventario degli oggetti personali del Merisi e il contratto con cui fu commissionata al pittore la pala della Morte della Vergine, certamente dipinta in quella sala con il soffitto “scoperto”. Tra i quadri esposti in questa sezione, la Maddalena addolorata attribuita a Caravaggio, e per questo fra i “quesiti caravaggeschi” proposti nella mostra, la splendida Caraffa di fiori di Jan Brueghel e la bellissima Fiasca di Fiori del Maestro della Fiasca conservata a Forlì.
Nella quinta sezione, l’omicidio, la fuga, il perdono, sono esposti i registri con gli interrogatori dei testimoni presenti allo scontro in cui, nel 1606, Caravaggio uccise Ranuccio Tomassoni e fu costretto a fuggire da Roma, ove non riuscì più a fare ritorno. Una splendida pianta acquerellata rappresenta la via Aurelia e il litorale laziale da Roma a Palo e Civitavecchia sulle cui coste sbarcò il Merisi nell’estate del 1610, risalendo fino a Porto Ercole dove trovò la morte. Il pontefice regnante era Paolo V Borghese (1605‐1621), del quale il Merisi dipinse il ritratto. Il Ritratto di Paolo V di Caravaggio, con il quale si conclude la mostra, viene esposto dopo 100 anni dalla prima volta che fu in occasione del cinquantesimo anniversario dell’Unità di Italia.
Il catalogo, edito da De Luca Editori d’Arte, raccoglie i documenti e le schede dettagliate di ogni opera esposta. (Fonte)

Le novità, ancora da riscontrare pienamente, sono molte, come si legge in questo articolo dal Sole24Ore

Chi pensava che le celebrazioni del IV centenario della morte di Caravaggio, il pittore più inflazionato del Seicento, si chiudessero il 31 dicembre 2010, si sbagliava. Le manifestazioni seguiteranno anche nel 2011, e, date le recentissime scoperte archivistiche, è probabile si protraggano a tempo indeterminato anche le dotte discettazioni esegetiche. In altre parole il caso Caravaggio rimane aperto perché il grande pittore lombardo, quasi volesse burlarsi di tutti i suoi esegeti, ha acceso una nuova miccia, niente meno che nella cronologia dei suoi primi anni romani, con la conseguenza di avere sovvertito l'ordine delle opere che era stato cesellato in decenni di sottili ricostruzioni filologiche, stilistiche e storiche.
La destabilizzante notizia che la permanenza a Roma del pittore giuntovi «giovenaccio», non inizi allo scadere del 1592, ma probabilmente al principio del 1596, si desume da un documento scoperto nell'Archivio di Stato di Roma da Francesca Curti, oggi pubblicato integralmente in occasione della mostra che aprirà i battenti il 10 febbraio nella Sala Alessandrina dell'Archivio di Stato medesimo, intitolata «Caravaggio a Roma. Vita dal vero».
Queste ricerche di archivio si inseriscono nel progetto volto a delineare sempre più nitidamente i contorni della personalità del Caravaggio, progetto sostenuto anche dal Sole 24 Ore. I risultati sono già stati parzialmente resi noti su questo giornale da Marco Carminati.
Francesca Curti ha avuto il merito di mettere le mani su un verbale che ritarderebbe l'arrivo di Caravaggio a Roma, ma il suo ritrovamento va contestualizzato in un lavoro di équipe, sostenuto e avviato da un folto gruppo di archivisti e lettori e coordinato da Eugenio Lo Sardo. Tutti costoro hanno scritto nel catalogo della mostra, il cui percorso però inizia con due documenti d'effetto che hanno purtroppo l'aria di essere come gli specchietti per le allodole, simili nella loro connotazione macabro-attraente ai musei della tortura, documenti che sono soltanto collaterali alle vicende caravaggesche: le ultime ore di Beatrice Cenci, decapitata nel 1599, e quelle di Giordano Bruno arso vivo nel 1600, storie che è da dimostrarsi se abbiano per davvero attinenza con il Caravaggio. Però, a prescindere da questa partenza "scazonte", la mostra si risolleva subito per la presenza di fogli e registri importanti, fino a oggi inediti, e per alcuni dipinti.
Verrà esposto anche l'interrogatorio al quale venne sottoposto nel luglio del 1597 tale Pietro Paolo, garzone di Marco barbiere che teneva bottega nei dintorni di Campo Marzio. Il documento stimolerà senza dubbio le difese degli storici dell'arte, contraddetti da un qualunque garzone di barberia, ma non se ne potrà contestare l'indiscutibile autenticità. Infatti in una delle pagine del registro compilato chiaramente si riportano le precise parole di questo Pietro Paolo, interrogato in galera dove era stato rinchiuso per reticenza. A lui un paio di giorni prima il Caravaggio aveva consegnato un «ferraiolo», cioè un mantello che aveva raccolto per strada e che era stato perso durante l'aggressione del musico Angelo Zanconi, avvenuta nel capocroce di Sant'Agostino, non lontano da via del Pozzo delle Cornacchie e da via della Scrofa, che sono i luoghi del Caravaggio, illustrati nel catalogo da Orietta Verdi; luoghi ancora perfettamente conservati e riconoscibili di una Roma che merita per davvero la qualifica di "eterna".
Angelo Zanconi aveva recuperato il suo ferraiolo nella bottega del barbiere e aveva sporto denuncia contro ignoti.
L'11 luglio Luca, figlio del barbiere padrone della bottega, aveva testimoniato davanti al magistrato, tratteggiando una vivace descrizione del Caravaggio, che venne già pubblicata nel 1997 da Sandro Corradini e Maurizio Marini. Mancava però la deposizione del garzone Pietro Paolo, il quale dapprima aveva tenuto la bocca cucita, ma una volta finito dentro, aveva parlato, aggiungendo sul pittore qualche particolare di capitale importanza: «Lo conosco da questa Quaresima passata ha fatto l'anno. Con occasione che praticava nella bottega di un pittore in su la strada per andare alla Scrofa». Il pittore presso il quale Caravaggio «praticava» per sbarcare il lunario si chiamava Lorenzo, identificabile con il siciliano Lorenzo Carli, specializzato nei quadri di devozione e nelle copie delle Madonne paleocristiane della basiliche di Roma.
Pietro Paolo fa la sua deposizione nel luglio del 1597, pertanto la «quaresima passata» è del marzo 1596. Dato che due dei più informati biografi di Caravaggio, compreso il Bellori, tramandano che il pittore appena arrivato a Roma andò a lavorare nella bottega di tale Lorenzo, si deduce che l'inizio della sua permanenza in città risalisse all'incirca ai primi mesi del 1596. Da ciò consegue che tutte le opere che per decenni abbiamo situato nel periodo romano fra il 1593 e il 1596 vanno spinte avanti.
A questo punto il discorso si fa ancora una volta avvincente. Innanzitutto c'è da domandarsi che cosa Caravaggio abbia fatto fino al 1596, durante il tempo trascorso in Lombardia, dove era nato nel 1571 e da dove proveniva. È impensabile che in quegli anni non abbia dipinto niente. Ma di sue opere fino a oggi non si è trovata alcuna traccia. Allora dove e quando realizzò quadri come il Bacchino Malato, il Fruttaiolo, il Ragazzo morso dal ramarro e altri: in Lombardia o a Roma? Se, come sembra, fosse arrivato a Roma nel 1596 avremmo da "coprire" altri tre anni.
Uno potrebbe per davvero averlo passato al fresco. Torna infatti alla ribalta la notizia, già destituita di fondamento, diffusa dal biografo Giulio Mancini, il quale, nel 1620 circa, scrisse che Caravaggio fu attore o testimone reticente di un delitto, per il quale scontò un anno di prigione, già prima di giungere a Roma. Nonostante le ricerche in vari archivi lombardi, prove di tale lugubre testimonianza fino a ora non se ne sono trovate. Ma a questo punto il fattaccio potrebbe essere accaduto fra il 1592 e il 1595 e non prima del 1592, anno sinora presunto della partenza per Roma.
Dopo la detenzione Caravaggio avrebbe fatto i bagagli, in cerca di lavoro, e per rifarsi una vita.

1 commento:

  1. Complimenti, un bellissimo articolo, un resoconto preciso e dettagliato di una mostra "diversa" e non per questo meno bella. Anzi.

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