lunedì 11 maggio 2009

Gli stucchi del Borromini a palazzo Falconieri

Villa Falconieri, conosciuta anche come Rufina o La Ruffina, è tra i più bei palazzi che si affacciano sulla splendida via Giulia; voluta da Alessandro Farnese nel 1520, passò per diversi proprietari: la famiglia Rufini, Francesco Cenci, la famiglia Sforza, il cardinale Giovanni Vincenzo Gonzaga , il cardinale Montalto.
Questi la modificarono più volte, aggiungendo alla primitiva costruzione un nuovo edificio che successivamente divenne l’ala destra del palazzo progettato dal Borromini; i lavori si conclusero intorno al 1620. Nella prima metà dell’anno 1628, la villa venne acquistata da Orazio Falconieri, di antica nobiltà fiorentina il cui casato ne detenne il possesso fino al 1865. Paolo Francesco Falconieri, figlio di Orazio, che invece dette avvio a profondi lavori di rifacimento ed abbellimento che furono affidati a Francesco Borromini, il quale si dedicò, nell’ultimo periodo della sua vita, e sino al 1667, anno della sua prematura scomparsa, alla nuova costruzione.

Oltre all’architettura Borromini pensò, rivelando così un’anima profondamente artistica, quasi pittorica, alla decorazione del piano nobile dove abbellì le volte con ornamenti a stucco caratterizzate da raffigurazioni complesse, basate su immagini simboliche che uniscono agli elementi araldici dei Falconieri raffigurazioni botaniche, emblemi tratti da antichi testi cinquecenteschi, simboli massonici e forme geometriche. Le quattro stanze degli stucchi si differenziano per i colori (rosso, azzurro e verde) e mostrano una varietà di elementi davvero affascinanti e suggestivi; con questi soffitti sapientemente trattati a stucco policromo e dorato, l’architetto realizza una maniera decorativa tra le più sorprendenti del barocco romano.

Nella stanza Rossa abbiamo così il motivo simbolico del mondo come nesso spirito-materia: tre cerchi d’oro (spirito-materia-anima) con il sole raggiante nel punto d’intersezione.

Borromini-falconieri-$soffitto
Nell’altra, Azzurra, l’artista ha rappresentato l’Universo (con l’occhio veggente, l’urobolo, l’axis mundi, il globo terrestre) mentre nei pennacchi compaiono squadre, compassi, corncopie ed altri uccelli; lo stesso Borromini a proposito scriverà “…la serpe in vari modi attorta o disposta in circolo nell’atto di mangiarsi la coda, a indicare la perennità dell’Universale Sostanza. Così l’avevo significata al centro di una cornice ovata, insieme al Globo terrestre, lo Scettro e all’Occhio-che-tutto-vede…”; la squadra invece potrebbe rimandare anche all’abaco che “…letto da dieci parti forma sempre il numero 34”.

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Nelle ultime due, Verdi, invece assistiamo ad un misurata composizione, quasi classicheggiante, con foglie d’acanto, palme ed altri elementi vegetali (mentre nelle lunette compare il falco, simbolo della famiglia) che formano una sorta di fregio continuo di grande eleganza.

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Da notare inoltre come sui pilastri laterali della facciata ha riportato l’emblema di due falconi (probabilmente in riferimento ad Horus dall’antico egizio) simbolo della famiglia proprietaria, singolari teste di falco poste come lesene o cariatidi; splendide ed ermetiche realizzazioni del suo spirito visionario.

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Palazzo Falconieri oggi è sede dell’Accademia d’Ungheria a Roma.

3 commenti:

  1. Gli stucchi di Borromini non erano colorati. Furono ridipinti nel 1781 per il matrimonio di Costanza Falconieri (vedi "Il palazzo Falconieri e il palazzo barocco a Roma" pag.292, 314)

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  2. ti ringrazio per la precisazione della quale non ero al corrente

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  3. io vorrei sapere se una di queste stanze era adibita a biblioteca e chi l'avrebbe progettata,ossia se lo stesso Borromini. Fiammetta Sabba

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